Tutti gli articoli di Filippo Marranci

Alessio Fossi: INDIANI TOSCANI

INDIANI TOSCANI (ottave di risveglio e di rivolta)
del poeta Alessio Fossi, dicembre 2023

Dedicate a CRINALILIBERI (Comitato per la tutela del crinale Mugellano) e all’associazione LA LEGGERA

 

Dalla notte dei tempi, sopra i monti

c’è sempre stato chi ci vòle stare

son posti sacri, guarda che tramonti

qui vibra il suono che ti fa danzare

Nelle pianure non c’è più i bisonti

e qui si pòle ancora pascolare

nelle pianure l’è quasi finita

ma qui si gioca ancora la partita!

 

Questa battaglia l’è la più agguerrita

se vai vicino ai parchi nazionali

io non capisco come gli è sòrtita

di costrui’ le pale in su i crinali

Li cacceremo fin che avremo vita

e li faremo arrosto ‘sti maiali

gente mafiosa, vili e ciarlatani

sulle montagne c’enno i partigiani!

 

Nostri ragionamenti sono sani

noi ci appelliamo anche ai nostri avi

dal Falterona al Piano degli Ontani

le fate e gli elfi qui ci hanno le chiavi

Ed anche loro meneran’ le mani

per le sorgenti lottano i più savi

gli indiani di Toscana son tornati

sul Giogo di Corella siam schierati!

Sebastiano Vassalli

Da “Un infinito numero. Virgilio e Mecenate nel paese dei Rasna” di Sebastiano Vassalli, Einaudi 1999:

“La prima epoca della storia dell’uomo, – continuò a raccontare l’omiciattolo, – è l’età di Mantus. Quell’epoca è durata dieci secoli, e ha segnato il passaggio di tutte le cose esistenti, dalla felicità delle origini all’infelicità che preannuncia la morte. Ma le epoche del mondo sono cinque: e il mio primo predecessore spiegò a Tarchon ce mentre Mantus dava i nomi alle cose, la sua ombra Mania aveva continuato a riflettere, tracciando certi segni nel cielo ce poi subito cancellava. Quando il dio del nulla ebbe finito di compiere la sua opera, Mania gli indicò una roccia, gli chiese: come si chiama quella roccia? Quella, rispose Mantus, è il granito. Allora l’ombra, che aveva inventato la scrittura, scrisse sul granito una parola di sette lettere: granito, e la morte entrò nel granito, che si sgretolò fino a diventare ghiaia e polvere. Poi l’ombra scrisse, una dopo l’altra, tutte le parole. Scrisse accanto alle pietre i nomi delle pietre, accanto agli alberi i nomi degli alberi e accanto agli animali i nomi degli animali: e il mondo si riempì di parole scritte, cioè di involucri vuoti e affamati di vita”.

“Fu allora, – disse Aisna, – che la morte si impadronì di tutti gli esseri esistenti; e anche gli uomini se ne resero conto quando Mania incominciò a scrivere i loro nomi nel cielo notturno. Incominciarono a morire e a morire, e il buio della notte si riempì di piccolissime luci, dette stelle, che erano quanto rimaneva di ciascuno di loro. Nacquero altri uomini che si chiamarono con nomi nuovi e diversi, o anche con gli stessi nomi che erano appartenuti ai defunti; ma Mania scriveva e scriveva nel cielo pieno di stelle, e gli uomini continuavano a morire”.

L’uomo-scimmia fece una pausa per riprendere fiato. Soltanto allora mi accorsi che il giorno era arrivato alla fine: il sole era scomparso dietro la collina, e dal torrente veniva su una specie di nebbia, che faceva rabbrividire i nostri cavalli. “La seconda epoca del mondo, – disse Aisna, – è stata l’epoca di Mania, ed è durata circa mille anni come la precedente. La terza epoca è quella dei Rasna, che il primo sacerdote di Velthune annunciò al contadino Tarchon e che è finita stasera, quando Tinia (il Sole) è sceso dietro l’orizzonte. L’età della ragione e della gioia di vivere. Nessun popolo, in futuro, riuscirà a tenere a bada l’infelicità e perfino la morte come abbiamo fatto noi! Noi Rasna abbiamo costretto anche la scrittura a servire alle necessità della vita, così come abbiamo costretto i veleni a guarire le nostre malattie. Tutto ciò che sappiamo ce l’ha rivelato Velthune. Alcuni dei nostri Libri Sacri ci insegnano a leggere il futuro nei tuoni, nei fulmini, nelle viscere degli animali, nel volo degli uccelli e nello stormire delle fronde mosse dal vento. Altri Libri ci aiutano a capire i prodigi, a misurare il tempo, a fondare le città; a curare gli infermi e a comunicare con i morti. I Romani, che oggi dominano il mondo, hanno voluto trascrivere i nostri Libri Sacri nella loro lingua, per prevedere il futuro con le nostre arti divinatorie e per guarire le malattie con le nostre scienze della natura. Ma i Libri Sacri, in latino, sono morti. La scienza dei Rasna è morta”.

L’EQUILIBRIO DEL MATTO. VITE E VINO IN VAL DI SIEVE

“L’equilibrio del matto. Vite e vino in Val di Sieve” di Marco Magistrali e Filippo Marranci

Film documentario (lingua: italiano) Italia 2014 | Durata: 52′

Un racconto corale, un viaggio che parte dalla terra e vi ritorna attraverso la cultura della vite e del vino in una valle dell’Appennino toscano. Pensieri, gesti e suoni percorsi da una tensione continua alla ricerca di un equilibrio. “Matto” è l’attributo del carro tradizionale di Rùfina per il trasporto del vino, perché con più di mille fiaschi impilati avanza “ballando” contro la forza di gravità.

Tutti i canti, le sonate e le danze presenti nel documentario appartengono ai repertori di tradizione orale della Val di Sieve e delle valli della Toscana orientale. Sono interpretati da cantori, suonatori e ballerini di diverse generazioni, tra cui gli anziani che hanno tenuto un filo con la cultura contadina per passarlo oggi ai più giovani.

Girato tra il 2013 e il 2014 nel territorio vitivinicolo oggi denominato “Chianti Rùfina”, è stato prodotto dall’Associazione “La leggera” e realizzato nell’ambito del progetto europeo “Rete Tramontana”, grazie al co-finanziamento del Programma Cultura 2007-2013 dell’Unione Europea, della Regione Toscana, dell’Unione di Comuni Valdarno e Valdisieve e del Comune di Rùfina.

Partecipazioni a festival e concorsi:

2015 | giugno | EtnoFilm Fest | Monselice (PD) | concorso

2015 | marzo | Tutti nello stesso piatto | Firenze | panorama

MAPPA DELLE “GNACCHERE” E DELLE SUE “SORELLE” IN ITALIA E NEI PAESI LIMITROFI

Una mappa interattiva creata da Lorenzo D’Erasmo per monitorare la diffusione delle gnacchere / nacchere maremmane / nacchere toscane – questi sono i termini in uso in Toscana ma nelle diverse aree assumono nomi differenti – lungo tutta la Penisola e le aree confinanti. Stiamo parlando del tipo di crotali piatti e allungati simili alle bones irlandesi.

Con i segnaposti blu sono indicati i suonatori attivi eredi di una tradizione locale, con i segnaposti rossi tutti gli altri suonatori attivi, con quelli neri i suonatori non più attivi e in generale i luoghi nei quali resta solo la memoria della tradizione, con i segnaposti verdi i costruttori non suonatori.

Lorenzo e Lionello Morandi stanno conducendo un’importantissima ricerca sull’uso e la diffusione di questa antichissima percussione tradizionale. L’invito è dunque a collaborare segnalando sulla mappa le testimonianze di memoria e le presenze attive.

Indicate le informazioni conosciute in questa sequenza:

NOME E COGNOME DEL SUONATORE/TRICE

DENOMINAZIONE/I LOCALE/I DELLO STRUMENTO

MATERIALI DI COSTRUZIONE

LA ZINGANA

CHE COS’E’ LA ZINGANA?
 
La ZINGANA, detta anche ZINGARA o ZINGANETTA, è una farsa teatrale rituale e itinerante nella quale si ritrovano anche forme e personaggi propri della Commedia dell’Arte. Tramandata oralmente in Val di Sieve e Valdarno Superiore è stata rappresentata fino agli anni Sessanta nelle nostre campagne da gruppi di mezzadri a San Piero a Strada, Masseto, Le Sieci, Doccia, Santa Brigida, Altomena, Torri, Sarnese e Bombone. Legata alla fine del Carnevale è in genere caratterizzata da un matrimonio propiziatorio della fine dell’Inverno. Il testo di riferimento è un componimento in rima e metro ZINGARESCO: strofe concatenate di tre settenari, i due centrali a rima baciata, più un versetto finale, quaternario o quinario, che rima col primo verso della strofa successiva. Tutti i personaggi declamano il testo mentre la zingara, detta Mora, lo intona portandolo nel canto. Le origini di questa tradizione si perdono nella notte dei tempi sebbene sappiamo che ebbe notevole diffusione quasi in coincidenza con l’emanazione dei bandi anti-zingari seguiti all’arrivo delle prime carovane di “cingani” in Italia (attestate dalle fonti scritte nel 1422). Questo particolare genere e rito teatrale, nato forse in Toscana verso la fine del Quattrocento, andò con tutta probabilità a sovrapporsi ad altre forme pre-esistenti e fino al Settecento fu molto amato in gran parte dell’Italia dell’epoca. Attualmente sopravvive nella memoria o nella pratica esclusivamente in Lucchesia e nell’area tra la Val di Sieve e il Valdarno di Sopra, dove presenta molti tratti in comune con la Befanata, altra forma rituale di questua che alla vigilia dell’Epifania apre il Carnevale.
 
LA ZINGANA DI ‘ FAGIOLI:
Il testo messo in scena in questa replica deriva dal gruppo di S. Piero a Strada (nel Comune di Pontassieve), uno degli ultimi attivi in zona fino agli Anni ’60 del secolo scorso, ma lo stesso fu adottato da altri gruppi di località limitrofe: Masseto, Santa Brigida, Galiga. La tradizione non è mai “scesa” dalle colline nei paesi di fondovalle, anzi si racconta di folle a piedi che salivano sino ai luoghi delle rappresentazioni, più spesso nelle aie o nelle radure all’aperto e talvolta nelle cucine più grandi delle case a podere o in stanzoni messi a disposizione dalle varie fattorie.
Il gruppo della Leggera ha ripreso la tradizione nel 2014 e da allora ogni anno in un luogo diverso porta la ZINGANA DI’ FAGIOLI, tratta dall’originale “Zingana” composta dal poeta fiorentino Giovan Battista Fagiuoli, che la pubblicò nel 1736 a conclusione dell’ultimo volume della sua raccolta di Commedie.
 
Il video integrale con la replica della Domenica grassa 19 febbraio 2023 a Pontassieve (FI):
 

Byung-Chul Han

Da “L’espulsione dell’Altro” di Byung-Chul Han, saggi|figure Nottetempo, Cles (TN) 2021:

La rumorosa società della stanchezza è sorda. La società a venire potrebbe invece chiamarsi una società dell’ascolto e dell’attenzione. Oggi è necessaria una rivoluzione del tempo che dia inizio a un tipo di tempo completamente diverso. Si tratta di scoprire di nuovo il tempo dell’Altro. L’attuale crisi del tempo non riguarda l’accelerazione, bensì la totalizzazione del tempo del Sé. Il tempo dell’Altro si sottrae alla logica di incremento della prestazione e dell’efficienza, che genera una spinta all’accelerazione. La politica neoliberista del tempo elimina il tempo dell’Altro, considerato un tempo improduttivo. La totalizzazione del tempo del Sé si accompagna alla totalizzazione della produzione, che travolge oggi ogni ambito della vita e conduce allo sfruttamento totale dell’uomo. La politica neoliberistica del tempo elimina anche il tempo della festa, il tempo della celebrazione, che sfugge alla logica della produzione. Il tempo festivo riguarda infatti l’improduttività. All’opposto del tempo del Sé, che ci rende soli e isola, il tempo dell’Altro istituisce una comunità. Questo tempo, perciò, è un buon tempo.

FARE AGLI STORNELLI

FARE AGLI STORNELLI

Il fare agli stornelli, come si usa dire in questa parte di Toscana (Valdisieve), è una pratica diffusa lungo l’intera dorsale appenninica, dall’Emilia alla Sicilia. Gli stornelli non servono a raccontare storie, si cantano in prima persona per esprimere una propria emozione: a mo’ di serenata, per gestire e sdrammatizzare sfide amorose e contrasti caratteriali, per esprimere stati d’animo e per ballare. Si usano per accompagnare lavori manuali e più leggeri all’aperto, come la raccolta delle olive, la vendemmia, la spannocchiatura del granturco, la castagnatura e l’impagliatura dei fiaschi, ma nella forma a ballo si cantano anche in casa. A seconda della funzione cui assolve lo stornello, variano le melodie, le modalità di canto e gli apporti personali di ogni cantore, fino a generare delle tipologie alle quali possono corrispondere gruppi di stornelli. Cantare e ascoltare stornelli è un momento vissuto come fuori dall’ordinario dove, attraverso la sospensione delle convenzioni sociali, si fanno emergere le emozioni. La straordinarietà dello stornello esige quindi una presa di responsabilità e una capacità tecnica eccezionali, per cui i cantori, coscienti del fine virtuoso, usano la voce al massimo della propria estensione tonale, sono sciolti nell’“infiorettare” il verso con gli abbellimenti e nell’arricchire i melismi, hanno l’arguzia di rispondere con la battuta più sagace, ironica o sarcastica, accettano lo scambio di provocazioni negative e positive e, nella funzione a ballo, adeguano sapientemente lo stornello all’incitazione al movimento e alla trasmissione dell’impulso ritmico. Si cantano stornelli sia a voce sola che su accompagnamento musicale, in genere pescando dal proprio bagaglio di memoria ma nei casi più virtuosi i testi vengono anche improvvisati. Normalmente nelle stornellate, specie in quelle a contrasto, si costruisce una sequenza o si risponde per parentela di tema (per esempio: il mare, la finestra, i fiori, ecc…). Spesso gli stornelli a ballo sono concatenati da ritornelli cantati o alternati con ritornelli suonati. Tra la seconda metà dell’ ‘800 e la prima metà del ‘900 molti autori di estrazione borghese hanno standardizzato e confezionato sequenze di stornelli concatenati con ritornello in forma di canzoni. Nella nostra area (Valdisieve, Mugello, Casentino e Valdarno di Sopra) sono principalmente diffusi tre tipi di stornello:

  1. Quattro versi endecasillabi, rime alternate ABAB:

Se i’ Ponte alla Carraia rovinasse

per te morino lo travarcherei

se i’ Sole con la Luna s’incontrasse

tu sei l’avanzo dei capricci miei.
 

  1. Tre versi endecasillabi, verso centrale ripetuto, rime ABBA possibilmente assonanti:

Garofano fiorito alla ringhiera

felice chi ti abbraccia e chi ti adora

felice chi ti abbraccia e chi ti adora

felice chi ti avrà la prima sera.
 

  1. Tre versi: il primo pentasillabo con incipit “FIOR DI” o “FIORIN DI”, gli altri due endecasillabi, verso centrale ripetuto, rime ABBA possibilmente assonanti:

Fior di ricotta

la vostra mamma per farvi la bocca

la vostra mamma per farvi la bocca

l’ha preso la misura a una ciabatta.


Stornelli su chitarra con ritornello, Badia Prataglia (Cesentino – AR), 20 maggio 2002, Azelio Mariotti, Roberto Donati e Rino Ciampelli, accompagnati alla chitarra da Dino Zoni:

 

Stornellata a contrasto a Doccia di Pontassieve (FI), luglio 2003: Pasqualina Ronconi, Sesto Vergari e Giuliano Falugiani:

 

Stornellata a Ferrano di Pelago (FI), 2 settembre 2003: Derna Cecchi, Tina Conti, Giuliana e Beppina Giaconi:

 

“Stornelli co’ i’ fiore”, Filippo Marranci, Pasqualina Ronconi e Armanda Rocchini. Podere Campicozzoli, Pontassieve (FI):

 

 

“Leàti Geppo”, stornelli per il ballo del trescone. Filippo Marranci e Suonatori della leggera. Podere Campicozzoli, Pontassieve (FI):

 

 

Stornellata al Podere Campicozzoli, Pontassieve (FI). Pasqualina Ronconi, Giuliano Falugiani, Filippo Marranci e Silvia Falugiani:

 

Tracce 5, 13 e 18 pubblicate nel CD audio “A veglia a Campicozzoli. Canti e sonate nelle valli della Sieve e del Sasso” a cura dell’Associazione Culturale La leggera, Ed. NOTA, collana Geo-Sounds of the earth, Udine 2003, CD 442. Clicca sulla copertina per leggere il pdf del libretto:

A veglia a campicozzoli

 

Stornelli a ballo su organetto diatonico, Rosano di Rignano sull’Arno (FI), Estate 2005, Maria Sottili:

 

“Di già che tu ci siei”, stornelli per il ballo della polca. Emilio Vecci di Dicomano, registrato da Marco Magistrali nel settembre 2002:

 

“Quadriglia di’ Trilli”, stornelli per l’invito alla quadriglia. Pasqualina Ronconi del Fornello di Pontassieve (FI), registrata da Filippo Marranci il 15 febbraio 2005:

 

Tracce 8 e 22 pubblicate nel CD audio “Zighinetta. Sonate e canti per il ballo imparati e interpretati a orecchio in Val di Sieve” a cura di Marco Magistrali e dell’Associazione Culturale La leggera, Ed. NOTA, collana GEO-Sounds of the earth, Udine 2006, CD 601. Clicca sulla copertina per leggere il pdf del libretto:

Zighinetta

 

“E ora si dirà…”, stornelli per l’invito alla quadriglia. Filippo Marranci e i Suonatori della leggera:

 

“Strianelle a ballo”, stornelli a ballo. Daniele Franchi, Filippo Marranci e i Suonatori della leggera:

 

Tracce 2 e 18 pubblicate nel CD audio: “Fatto a mano”, Suonatori della Leggera, Ed. NOTA, Udine 2007, CD 616, edizione limitata in 1.000 copie. Clicca sulla copertina per leggere il pdf del libretto:

fatto a mano

 

“Stornelli d’amore, rabbia e carcere”, Pasqualina Ronconi e Brunetta Sabatelli, registrazioni di Filippo Marranci e Marco Magistrali, settembre 2007:

 

“Levàti Geppo che i’ Sole gli è lèo”, stornelli per il ballo del trescone, Pasqualina Ronconi del Fornello di Pontassieve (FI), registrata da Marco Magistrali nel gennaio 2000:

 

“Stornelli da ulivo a ulivo”, Pasqualina Ronconi del Fornello di Pontassieve (FI), registrazioni di Filippo Marranci e Marco Magistrali del novembre 2007:

 

“Stornelli di sfida e a dispetto”, Pasqualina Ronconi e Brunetta Sabatelli, registrate da Filippo Marranci e Marco Magistrali a novembre 2007:

 

“Stornelli anticlericali”, Pasqualina Ronconi del Fornello di Pontassieve (FI), registrata da Marco Magistrali nel gennaio 2000:

 

Tracce 2, 6, 10, 14 e 29 pubblicate nel CD audio: “Benvenuto ‘un t’aspettavo! Pasqualina Ronconi: canterina, pastora, mezzadra e casalinga nella Valle del Sasso”, a cura di Filippo Marranci (Associazione Culturale La leggera – Centro di Ricerca e Archivio delle Culture Orali), Ed. NOTA, collana GEO-Sounds of the earth, Udine 2009, CD 646. Clicca sulla copertina per leggere il pdf del libretto:

Benvenuto 'un t'aspettavo

 

“Mi voglio divertì vo fa la matta”, strambotti per il ballo del trescone, Giuseppina Rettori del Carbonile di Dicomano (FI), registrata da Marco Magistrali il 23 ottobre 2003:

 

“Strambellate”, stornelli concatenati da ritornello cantato, Giuseppina Rettori del Carbonile di Dicomano (FI), registrata da Marco Magistrali il 5 novembre 2003:

 

“Giovanottino dalla bruna chioma”, stornelli risorgimentali, Giuseppina Rettori del Carbonile di Dicomano (FI), registrata da Marco Magistrali il 6 novembre 2007:

 

“Italia Italia”, strianelle d’emigrazione, Giuseppina Rettori del Carbonile di Dicomano (FI), registrata da Marco Magistrali il 23 ottobre 2003:

 

“Senti senti il prete come sona”, stornelli anticlericali, Giuseppina Rettori del Carbonile di Dicomano (FI), registrata da Marco Magistrali il 5 novembre 2003:

 

“Questi ladri di preti e fattori”, stornello contro la guerra, Giuseppina Rettori del Carbonile di Dicomano (FI), registrata da Marco Magistrali il 5 novembre 2003:

 

“Potesse diventare una rondinella”, strianelle sulla Guerra d’Africa, Giuseppina Rettori del Carbonile di Dicomano (FI), registrata da Marco Magistrali il 6 novembre 2007:

 

“Ero in bottega”, strianelle della Leggera, Giuseppina Rettori del Carbonile di Dicomano (FI), registrata da Marco Magistrali il 23 ottobre 2003:

 

Tracce 6, 7, 15, 17, 19, 21, 25 e 26 pubblicate nel CD audio: “Il canto quotidiano. Giuseppina Rettori: canti di tradizione orale a Dicomano”, a cura di Marco Magistrali (Associazione Culturale La leggera – Centro di Ricerca e Archivio delle Culture Orali), Ed. NOTA, collana GEO-Sounds of the earth, Udine 2009, CD 647. Clicca sulla copertina per leggere il pdf del libretto:

Canto quotidiano

 

Stornelli a ballo, Rosano di Rignano sull’Arno (FI), 16 maggio 2013, Maria Sottili e Filippo Marranci:

 

Stornelli a ballo, Doccia di Pontassieve (FI), 5 giugno 2013, Pasqualina Ronconi:

 

Stornellata di Dina Cervelloni, Pietrapiana di Reggello (FI), 27 novembre 2013:

 

Stornellata a Val della Meta (Casentino – AR), 22 agosto 2015: Rita Tacconi e Filippo Marranci:

 

“Stornelli sull’organino” (stornelli a ballo). Filippo Marranci (voce e gnacchere), Ilaria Danti, Silvia Falugiani e Marco Magistrali (organetto diatonico):

 

Traccia 18 pubblicata nel CD audio: “Chi non balla alle prode!” a cura dell’Associazione Culturale La leggera, Edizioni La leggera, Rufina (FI) 2017, 1CD03/2017.

LE DIRETTE DI RADIO WOMBAT CON LA LEGGERA: POETICA CONTADINA E LIVE A FRITTOLE E A PONTASSIEVE

  • Radio Contado #27 – 10 aprile 2019 in diretta da Frittole

Echi-rurali: natura e cultura, più che mai dal vivo

Chiaccherata e racconti musicati con Marco Magistrali, Cecilia Valentini e Fabio Soldati dell’associazione La leggera (Val di Sieve) – LIVE!!!

Valzer in Re | Evviva i’ contadino! | Polca di Zaccheo | Quadriglia di’ Bulletta | La finta monacella

https://archive.org/details/20190410143403


  • Radio Contado #51 – 8 gennaio 2020 in diretta da Frittole

Torniamo a scuola con Leggerezza

Ottave di Filippo | sigla dal vivo | saluti e presentazioni de La leggera | strianelle di Befanìa | chiacchiere sulla Poetica Contadina | Polca Rita | strianelle a ballo | La Violina

https://archive.org/details/radiocontado5120200108


  • Radio Contado #66 – 22 aprile 2020 in diretta da Frittole

Continuando a Cantare, Coltivare, Protestare

Poetica Contadina, didattica a distanza con Marco Magistrali dell’associazione La Leggera: Stornelli e canti di segatura del grano e brucatura delle olive, dall’Abruzzo alla Toscana

https://archive.org/details/radio-contado-66-2020-04-22


  • La radio al tempo del colera – diretta speciale del 24 aprile 2020

In diretta da Frittole, una nuova, pigra ma resistentissima puntata di Radio Contado

Deep down the Roots: lunga telefonata con alcun* de La Leggera, la Resistenza in Valdisieve attraverso i canti, contributi di rara bellezza

https://archive.org/details/diretta-speciale-frittole-5-2020-04-24


  • Radio Contado #68 – 6 maggio 2020 in diretta da Frittole

Di agroecologia e mandolini truccati

Lezioni di Poetica Contadina con Marco Magistrali dell’associazione La Leggera: il canto a ballo

https://archive.org/details/radio-contado-68-2020-05-06


  • Radio Contado #70 – 20 maggio 2020 in diretta da Frittole

Territori e contadinità: la SIAE non ha senso di esistere

Poetica Contadina con Marco Magistrali dell’associazione La Leggera: Forme aperte e condivise di produzione culturale popolare

https://archive.org/details/radio-contado-70-2020-05-20


Radio Contado #74 – 17 giugno 2020 in diretta da Frittole, un ennesimo mercoledì…

A ritmo nostro faremo faville

Poetica Contadina: approfondimento con Filippo Marranci dell’associazione La Leggera sulle gnacchere toscane

https://archive.org/details/radio-contado-74-2020-06-17


  • Diretta dal Mercato di Pontassieve – Val di Sieve in Transizione – 25 giugno 2020

Bellissimo pomeriggio in compagnia del mercato contadino di Valdisieve in Transizione, ogni giovedi’ dalle 15 alle 19.30 in Piazza XIV Martiri a Pontassieve. Tra il trambusto di piazza, abbiamo chiacchierato con alcune realtà presenti, tra cui il Comitato per la Tutela dei Crinali Mugellani (https://crinaliliberi.org/). In conclusione abbiamo trasmesso in diretta i canti e le sonate della Fanfara della leggera.

https://archive.org/details/diretta-pontassieve

LAUDA PE’ CEPPO

 

Lauda tradizionale di Natale eseguita dai “Suonatori della leggera” (Val di Sieve). E’ ricordata da Pasqualina Ronconi di Fornello (Firenze), intonata a sua volta dal nonno, Lorenzo Ronconi, dopo la recita del rosario nelle sere del periodo natalizio. Nelle famiglie mezzadrili credenti il rosario veniva recitato in precisi periodi dell’anno, d’obbligo nel mese di maggio, dopo che gli “uomini di casa” avevano “governato le bestie” nella stalla.
Metro e rima corrispondono al tipo “zingaresco”, localmente noto per essere usato nelle omonime rappresentazioni teatrali rituali in tempo di Carnevale (quartina di tre settenari più verso quinario o quaternario finale, il primo verso riprende la rima della quartina precedente, rima baciata tra secondo e terzo verso). Potrebbe trattarsi di un esempio di ciò che resta delle antiche “laude drammatiche” di cui parla Paolo Toschi in “Le origini del teatro italiano”, 1955. Una versione più completa e del tutto simile è stata pubblicata nel Supplemento n°46 alla rivista “TOSCANAoggi” del 22 dicembre 1991: “Il ciclo del Natale nella tradizione popolare toscana” a cura di Carlo Lapucci, dove figura con il titolo: “Laude spirituale in onore di Gesù Bambino” e tratta da “foglio volante” del secolo scorso.
Le immagini del video mostrano invece il Presepe di San Giovanni Battista a Sandetole (Contea, Firenze), che Tiziano Lanzini realizza ogni anno con grande maestria e dedizione, grazie anche all’aiuto di Fabio Fabiani.

Trascrizione del testo qui cantato, risultante da un confronto tra le due versioni sopra citate:

Su su boni pastori
venìe a trova’ Gesùe
e non tardate più
che gli è già nato

I’ gran Verbo incarnato
di Maria Verginella
dentro a una capannella
in sul fien giace

A voi annunziò la pace
e l’allegrezza grande
in tutto il ciel si spande
in tera ancora

Gesù la grazia vostra
sopra di noi mandate
e non ci abbandonate
Gesù bono

Io vi chiedo perdono
di tutti i nostri erori
noi siam sòrtiti fòri
dalla via retta

Nostro Signor ci metta
in una felice strada
a ciò che noi si vada
alla salute

E poi noi siam venute
a rimostravvi in viso
a ciò che i’ Paradiso
ci abbia a dare

La Vergine Maria
gran Dio date vittoria
e nell’eterna gloria
in Paradiso

Noi siamo gioia e riso
di tutti i desolati
di tutti i tribolati
unita speme.

DIRINDINA

DIRINDINA è un percorso di 6 puntate dedicato all’attenzione al suono, alla voce, alla musica nello sviluppo dei bambini da 0 a 6 anni promosso dalle Biblioteche Comunali Fiorentine in collaborazione con l’associazione La leggera nell’ambito del programma Nati per leggere.


Capitolo 1 – Nella pancia si sente

Nella vita prenatale si sviluppa l’udito e la possibilità di conoscere i suoni provenienti dal corpo della mamma e dal mondo esterno. Lo sviluppo dell’udito avviene già al sesto mese di gravidanza; la voce della mamma giunge nella pancia confusa da altri rumori e arriva sia attraverso la parete uterina, sia attraverso la trasmissione ossea della colonna vertebrale. Alla nascita il neonato riconoscerà la voce materna, e questa sarà il “ponte” tra il dentro e il fuori dalla pancia. Rivolgersi ai bambini, parlare con loro con quella tipica tonalità che viene detta “maternese”, darà loro sicurezza; di contro anche i neonati cercheranno di comunicare coi genitori con il pianto e con i vocalizzi. Saranno queste le prime narrazioni musicali che favoriranno una relazione stabile tra genitori e figli.
Leggere, parlare, cantare già in gravidanza e poi ai neonati: a questo verranno chiamati i genitori. Relazionarsi con la voce, accudire i piccoli coi suoni, nominare il mondo, questo sarà il compito dei neo-genitori. In tutto questo i neonati saranno competenti e riconosceranno questi gesti come gesti di accudimento e di amore.


Capitolo 2 – Alletto

Il rito dell’accompagnamento al sonno nel percorso di incitamento/rilassamento.
Le ninna nanne fanno da sempre parte della cultura di molti popoli ed hanno specifiche caratteristiche:
– il tempo è lento
– il metro è binario, con accenti raggruppati a due a due in modo da permettere più facilmente il dondolio per cullare il bambino
– il ritmo è regolare
– l’intensità è pianissimo o piano, perché serve al rilassamento
– la struttura è ripetitiva
– l’esecuzione non comporta un accompagnamento strumentale

Le ninne nanne poi favoriscono il contatto corporeo, perché vengono cantate col bebè in braccio e questo viene quindi recepito dal bambino come un prezioso momento di relazione.


Capitolo 3 – Saltare sulle ginocchia

L’apprendimento al ballo e all’equilibrio passa dalle mille forme di filastrocche alcune delle quali si cantano facendo saltare il bimbo sulle proprie ginocchia fino a fingere di lasciarlo cadere… per poi riprenderlo!
Le filastrocche stimolano lo sviluppo del linguaggio in quanto incoraggiano i bambini a cercare nuove rime con nuove parole; la loro origine è inoltre molto antica perché le rime da sempre hanno facilità di trasmissione di bocca in bocca e ripeterle e crearne di nuove è un bel gioco da fare insieme.
Abituare i bambini piccoli all’ascolto delle rime e delle filastrocche vuol dire anche abituarli alle melodie e ai suoni che si ripetono e che si somigliano, e dunque vuol dire abituarli a tutto ciò che favorisce l’apprendimento del linguaggio.


Capitolo 4 – In bagno

Nominare le parti del corpo e toccarle per conoscerle e riconoscersi.
Verso i 12 mesi il bambino inizia a muovere i suoi primi passi e a eseguire gesti come prendere un oggetto e portarlo alla bocca. Il suo sviluppo fisico gli consente sempre più autonomia e gli permette anche di affinare la sua conoscenza del mondo e la conoscenza del proprio corpo.
Sfogliare insieme libri dove le azioni dei protagonisti possono essere ripetute insieme stimola il bambino alla conoscenza di se stesso e di cosa può fare con il suo corpo. Nominare insieme ai genitori le parti del corpo magari durante il cambio del pannolino o il bagnetto sarà sicuramente un bel gioco da fare!


Capitolo 5 – Alla scoperta del mondo

Canti per immagini che raccontano un mondo di cose che sono o che non sono.
A 18 mesi il bambino cammina, compone le sue prime frasi ed inizia ad elaborare il suo pensiero partendo dalle sue esperienze.
I libri da proporre al bambino possono essere tutti quelli dove viene presentato quello che è il suo mondo, il suo vissuto, la propria esperienza. Sono libri semplici in cui non è importante tanto la narrazione, quanto la scoperta della bellezza del mondo che lo circonda; sono i primi libri per “classificare” i concetti che poi svilupperà tra i 2 e i 6 anni.
Associare immagini a concetti e parole e nominarle insieme alla mamma o al papà mentre si sfogliano insieme i libri abituerà poi alla lettura dialogica: il genitore indicherà sulla pagina l’oggetto e il bambino lo nominerà.
La ricchezza della letteratura per l’infanzia è poi data dall’uso di parole non contemplate talvolta nel proprio linguaggio familiare e quindi tutto questo porterà ad arricchire e sviluppare il linguaggio del bambino.


Capitolo 6 – In cortile e in giardino

Il mondo del girotondo è un mondo a tutto tondo in cui ognuno con la sua individualità si rapporta con un cerchio umano da tenere in equilibrio.
Il bambino cresce e con lui crescono anche le storie e le narrazioni. Dai 3 anni inizia ad essere in grado di scegliere le prime storie che vuole che gli siano lette ad alta voce ed apprezza la rilettura per interiorizzarle e ricordarle. In questa fase si identifica con i personaggi dei libri e comincia a mettere se stesso al centro delle proprie narrazioni, rendendosi quindi personaggio dei propri racconti.
Anche i tempi di attenzione si modificano: più il bambino cresce più aumenta il tempo di ascolto di una storia. I libri quindi possono avere narrazioni più lunghe e più complesse.

LE FESTE A I’ SASSO. TESTIMONIANZE ORALI DI UNA COMUNITA’ RURALE CHE SI RICONOSCEVA NEL PROPRIO “SASSO”

Le feste a i’ Sasso. Testimonianze orali di una comunità rurale che si riconosceva nel proprio “sasso”

Documentario etnografico ispirato al testo: “Oratorio-Santuario Madonna delle Grazie al Sasso. Una storia che inizia dal Secolo II a. C.” di José A. M. Papi, ed. Lions Club Pontassieve – Valle del Sieve, Pontassieve (FI) 1989

Ricerca antropologica e storica: Filippo Marranci

Ricerca etnomusicologica: Marco Magistrali

Riprese video: Filippo Marranci, Marco Magistrali, Luca Vitali e Barbara Carboni

Montaggio: Alfredo Paci e Filippo Marranci

Collaborazione montaggio: Massimiliano e Barbara Carboni

Durata: 71′ | Italia – marzo 2005

©2005 Comune di Pontassieve e Associazione “La leggera”

Tra i tanti luoghi speciali del territorio di Pontassieve ce n’è uno specialissimo, il Sasso, nell’omonima valle oggi più conosciuta col nome di Val di Sieci. Nello specifico parliamo dell’Oratorio Santuario della Madonna delle Grazie al Sasso, sito sacro per eccellenza fin da tempi remoti, e di alcune tradizioni rituali ad esso legate. Il sasso è letteralmente una pietra che emerge dal sottostante macigno di pietra serena, compatta e pregiata, fortuna e risorsa dei celebri scalpellini di S. Brigida. Un sasso che oggi si può ancora toccare (e venerare) sotto l’altar maggiore dell’Oratorio che gli fu costruito attorno dopo che, così si narra, la Santa Vergine vi sarebbe apparsa seduta sopra per ben sei volte a partire dal 2 luglio 1484. La prima comparsa fu soltanto per le due povere pastorelle della famiglia Ricovera, all’epoca abitanti nel vicino podere Linari, alle quali Maria concesse la grazia dell’immediata guarigione del padre gravemente malato, mentre alle successive apparizioni oltre alle ragazze avrebbero partecipato numerosi altri testimoni. Sebbene la prima manifestazione divina sarebbe stata appunto a luglio, la festa principale restò legata a un diverso calendario, la seconda domenica di maggio (pur sempre nel mese mariano); ma questo è solo uno dei tanti aspetti che rendevano e rendono singolari le feste a i’ Sasso. Stiamo parlando di due appuntamenti che fino a poco dopo la Seconda Guerra Mondiale scandivano l’anno del mondo religioso e contadino locale: le cosiddette Seconda di maggio (o Festa del dono) e la Bifolcata. Per la Seconda di maggio, come una sorta di rogazione in grande stile, si benedice “tutto i’ territorio dalla pianura in sino all’Appennino”, “i frutti della terra e del nostro lavoro”, “chi rispetta, custodisce e accresce la bellezza del tuo creato”; a settembre con la Bifolcata, si benedivano invece i bifolchi, cioè a dire i capi di casa che guidavano l’aratro e i buoi per preparare la terra a un nuovo ciclo produttivo. La Seconda di maggio si tiene ancora ed è senz’altro la festa grande, sicuramente era la più partecipata con un’affluenza, negli anni ’20, di circa 3.000 persone, all’epoca quasi tutta la popolazione rurale delle campagne circostanti. Nel 1923 Nello Puccioni sul 3° numero della rivista mensile del Touring Club Italiano: “Le Vie d’Italia”, segnalava le feste tradizionali del Sasso come meritevoli di una visita per la loro specificità, rilevando similitudini con altre feste dedicate alla Madonna negli Abruzzi. Tutti esempi di sopravvivenza del sincretismo tra culti e rituali cristiani e altri di origine ancora più antica. Nel 2005 Filippo Marranci e l’Associazione “La leggera” realizzarono un documentario etnografico, rimasto inedito, per conto del Comune di Pontassieve su idea dell’allora Assessore alla Cultura, Moritz Gabrielli. Si tratta della sintesi di 22 ore totali di interviste a testimoni diretti delle feste, effettuate nei tre anni precedenti la realizzazione del video. Ha una durata di 71′ ed è ispirato al testo di Josè A. M. Papi (che fu rettore del Santuario) “Oratorio – Santuario Madonna delle Grazie al Sasso. Una storia che inizia dal Secolo II a. C.”, ed. Lions Club Pontassieve – Valle del Sieve, Pontassieve (FI) 1989. Le interviste documentarono anche un terzo appuntamento annuale rituale importante, detto “Mulatterìa”, che però meriterebbe un capitolo a parte.

Breve bibliografia:

Altri link utili:

 

CIAPINO ALLE SIECI

CIAPINO ALLE SIECI

A cura di Filippo Marranci
Testimonianze orali di alcuni abitanti di Molino del Piano, Pontassieve e Le Sieci, raccolte dall’Associazione “La leggera” e conservate nel proprio archivio L:A.S.C.I.T.O. (La leggera Archivio Sociale della Cultura Immateriale nella Toscana Orientale), ospitato presso la Biblioteca Comunale di Rufina (Firenze). Aprile 2010

Molti avranno già sentito parlare di “Ciapino” e ne avranno sentiti raccontare gli aneddoti paradossali, lodando la sua capacità nel rovesciare punti di vista e significati. Tanti, i più giovani, non ne sapranno nulla.

Ciapino è come una “leggenda metropolitana”, non è possibile dimostrare che sia realmente vissuto ma per tutti quelli che ne sanno è indubbio che sia esistito, è sottinteso che la sua memoria sia condivisa tra chi ne sa ma di lui si conoscono solo le fabule e quasi mai i dati reali. Per alcuni avrebbe abitato a Molino del Piano, per altri a Pontassieve, per la maggioranza a Le Sieci e precisamente tra gli altiforni nella storica Fornace che fu degli Albizi. Sarebbe stato un falegname o un accattone, di sicuro tutti lo rammentano come personaggio “mitico”, intelligente, arguto, scaltro, talvolta dispettoso, sicuramente di indole anarchica. Il problema è che di “Ciapino” in Toscana ve n’è più d’uno, il più famoso forse è quello di cui parla Simone Fagioli (antropologo e storico dell’industria e dell’economia) in un suo preziosissimo saggio: “Un eroe perturbante nel mondo dei carbonai. Un’analisi strutturale del mito di Ciapino Ciampi”. Ciapino Ciampi era conosciuto sulla Montagna Pistoiese (col nome di “Tonio nero” in Maremma) quale carbonaio eroico e fuori dalle regole, il nostro invece nell’ambiente delle fornaciaie e dei fornaciai intorno alle Sieci, quale personaggio furbo e decisamente extra-ordinario. Cosa c’è che li accomuna? Il fuoco probabilmente e tutte le caratteristiche che abbiamo già detto sopra. Il fuoco della carbonaia non deve spegnersi mai fino a quando il carbone non è pronto, il forno della fornace deve restare sempre acceso, e Ciapino ne conosce il segreto, sicuramente per quanto riguarda le carbonaie. Non c’è bisogno qui di ricordare che cosa ha significato la “scoperta” e il controllo del fuoco nella storia dell’uomo fin dai suoi primordi. Certamente “Ciapino” come soprannome può essere stato usato qua e là in qualsiasi tempo per sottolineare il carattere sagace di una data persona a lui somigliante – stavolta sì realmente vissuta. Ma ciò non farebbe che confermare l’esistenza, anzi la persistenza di Ciapino come figura mitica di origine antica o figura simbolica a cui carbonai (e fornaciai) avrebbero affidato gli elementi identificativi, positivi e negativi, della propria cultura, avanti della scomparsa definitiva dei “gruppi di mestiere”, assorbiti tra il XIX e il XX secolo nella nuova e omnicomprensiva concezione e definizione di classe operaia.

Per darvi un esempio delle fabule di Ciapino citiamo quella in cui in attesa del treno alla stazione delle Sieci si intrattiene a chiacchiera con un conoscente, giunge il convoglio, che rallenta, ma vedendo i due impegnati nella conversazione tra di loro e indifferenti al treno riprende la corsa per Firenze, per cui l’amico esclama: ” ‘Orca miseria Ciapino! S’è perso i’ treno e ora come si fa?” e Ciapino prontamente risponde: “Lascialo andare, lascialo andare tanto i’ biglietto ce l’ho io!”.

Ciapino alle Sieci, estratto da testo autobiografico inedito di Franco Tucci

Simone Fagioli “UN EROE PERTURBANTE NEL MONDO DEI CARBONAI. UN’ANALISI STRUTTURALE DEL MITO DI CIAPINO CIAMPI” pubblicato in “QF Quaderni di Farestoria” novembre-dicembre 1999 n. 4, Istituto Storico Provinciale della Resistenza di Pistoia

CANTAR DI SEGATURA

CANTAR DI SEGATURA

La mietitura a mano del grano in Toscana si chiama “segatura” ed era un’occasione centrale nel calendario contadino dei mezzadri. Il lavoro si svolgeva in gruppo e veniva solitamente condiviso con le famiglie del vicinato: era dunque un’opportunità per stare insieme, per socializzare. Durante questo tipo di lavoro, all’aperto, nel campo, dall’alba al tramonto si cantava in una modalità specifica, legata proprio a questa occasione: gli stornelli di segatura. Sono canti espressivi di tipo emozionale, con testi in prima persona in endecasillabi che parlano di amore, di sdegno, di scherno, di rabbia, di fatica, intonati a voce sola, con emissione forte e linee melodiche di carattere modale e melismatico. Per tutta la penisola italiana esistono tradizioni di canto per la mietitura e ogni valle ha le proprie specificità melodiche e testuali. In questa occasione di pesante fatica fisica lo strumento culturale del canto porta la ricchezza del mondo dei sentimenti nella tessitura delle relazioni tra le persone, mettendo in gioco gli affetti, gli equilibri, le conoscenze e le alleanze. Cantar di segatura non serve a ritmare il lavoro; piuttosto il tempo sospeso dello stornello, contrapposto a quello ripetitivo del gesto, tende alla ricerca di un equilibrio tra dimensione materiale e immateriale nella lunga giornata estiva di lavoro.

Olga Landini registrata a S. Lucia di Dicomano (FI) il 10 ottobre 2003 da Marco Magistrali. Documento inedito:

 

Olga Landini in un’intervista registrata a S. Lucia di Dicomano (FI), nel 2003, da Marco Magistrali:

 

“Stornelli alla traversa e canto di segatura”, Pasqualina Ronconi di Fornello di Pontassieve (FI):

 

“O rondinina”, Derna Cecchi di Borselli di Pelago (FI):

 

Tracce 1 e 2 pubblicate nel CD audio “A veglia a Campicozzoli. Canti e sonate nelle valli della Sieve e del Sasso” a cura dell’Associazione Culturale La leggera, Ed. NOTA, collana Geo-Sounds of the earth, Udine 2003, CD 442. Clicca sulla copertina per leggere il pdf del libretto:

A veglia a campicozzoli

 

Pasqualina Ronconi e Filippo Marranci, registrati a Doccia di Pontassieve (FI) nell’Estate 2004:

 

“Rondinellina”, Giuseppina e Giuliana Giaconi di Ferrano di Pelago (FI), 10 marzo 2005, registrazione di Marco Magistrali:

 

Traccia 14 pubblicata nel libro+CD audio: “Al di qua del poggio. Canti di tradizione orale ricordati e interpretati nel territorio di Pelago”, a cura di Marco Magistrali (Associazione Culturale La leggera), fotografie di Alessandro Botticelli, Ed. Comune di Pelago (FI), 2006. Clicca sulla copertina per leggere il pdf del libretto:

Al di qua del poggio

 

“E ho camminato tanto”, Filippo Marranci delle Sieci di Pontassieve (FI):

 

Traccia 1 pubblicata nel CD audio: “Fatto a mano”, Suonatori della Leggera, Ed. NOTA, Udine 2007, CD 616, edizione limitata in 1.000 copie. Clicca sulla copertina per leggere il pdf del libretto:

fatto a mano

 

“Rondinellin che voli là sul mare”, Giuseppina Rettori del Carbonile di Dicomano (FI), registrata da Marco Magistrali il 5 novembre 2003:

 

“Maremma”, Giuseppina Rettori del Carbonile di Dicomano (FI), registrata da Marco Magistrali il 5 novembre 2003:

 

Tracce 8 e 10 pubblicate nel CD audio: “Il canto quotidiano. Giuseppina Rettori: canti di tradizione orale a Dicomano”, a cura di Marco Magistrali (Associazione Culturale La leggera – Centro di Ricerca e Archivio delle Culture Orali), Ed. NOTA, collana GEO-Sounds of the earth, Udine 2009, CD 647. Clicca sulla copertina per leggere il pdf del libretto:

Canto quotidiano

 

Valeria Bazzi, registrata a Rincine di Londa (FI) il 17 ottobre 2012 da Marco Magistrali e Filippo Marranci:

 

Remo Tirinnanzi, registrato alla Rata di Londa (FI) il 12 giugno 2013 da Marco Magistrali:

 

Filippo Marranci e Silvia Falugiani durante la mietitura del grano a mano (varietà “Verna”) al Podere “I Lastri”, presso la Fiera dei Poggi (San Godenzo, FI), luglio 2015:

 

QUOTAZIONI | L’ALTRA STORIA DELLA VAL DI SIEVE

Da “quotAzioni. Storie in quota attraverso i confini” di Paola Bertoncini (Associazione Lentopede):

QUOTA 0 – ANDIRIVIENI

Io scendo appunto adesso dal cerchio della Luna, e porto la fortuna a voi mortali. Ho visto cose tali in quel mondo novello; quanto di qua è più bello ed uniforme! Gli uccelli a torme si prendon con le mani di starne e di fagiani. E’ un cibo vile. Sentii parlar civile, come le scelte genti e eran di rozzi armamenti alla pastura. Della città le mura colà son di cristallo, le travi di corallo hanno le case.

Come tutto ha avuto inizio…

Ci s’è fatto i’ viottolo si dice qua in Toscana quando si va e si viene, si gira per paesi e campagne, si va e si torna dal punto di partenza. Il mio andirivieni è cominciato l’anno passato quando in una “veglia” fatta in Valdisieve mi sono detta che era proprio un bel modo di passare il tempo e che c’erano aspetti curiosi che mi sarebbe piaciuto approfondire. Nei mesi primaverili Filippo mi racconta una storia: la Zingana è uno spettacolo popolare che si è diffuso forse grazie alla presenza di zingari che transitavano per la Valdisieve, fra Romagna e Toscana e dopo brevi soste a Pontassieve ripartivano per il Valdarno e scendevano verso l’Umbria. Filippo mi porta alcuni libri. In essi c’è la storia di un certo Sigismondo Caccini, che non è ben chiaro chi fosse realmente ma anche lui fa un suo andirivieni e gira e rigira per questi luoghi, a volte solo, a volte assieme a carovane zingaresche. Pare che le zinganette avessero una diffusione antica proprio in Toscana, la prima addirittura si dice venga da Siena, un contrasto intitolato la Contentione di un villano e di una zingara di Bastiano di Francesco Linaiolo e siamo nel 1520. Proprio da Filippo vengo a sapere che c’è una testimonianza davvero interessante: non sta proprio in Valdisieve ma vicino, in un comune cerniera fra Valdarno e Valdisieve: Rignano sull’Arno. Lo spettatore particolare è Ardengo Soffici.

E’ giugno ed è caldo il giovedì sera in piazza alla Rufina. Mi sono appena fatta nove ore di lavoro, ma c’è l’incontro con Filippo che mi deve dire alcune cose. Prendiamo un gelato, con me c’è Marco. Siamo seduti su una panchina e Filippo comincia a dirmi che ci sono alcuni aspetti importanti che non si possono non prendere in considerazione: il Falterona, che alla Rufina chiamano la Falterona, nasconde storie curiosissime e confina con il Casentino; l’Appennino tutto è terra di passaggio e di viaggio; e poi ci sono gli oratori con le loro storie…

E il viaggio ha così inizio!

Le fotografie sono di Paola Bertoncini e Marco Betti, le musiche che si sentono nei filmati sono dei Suonatori della Leggera. I testi sono dei rispettivi autori. Le voci che si sentono nei filmati sono di Paola Bertoncini, Marco Betti, Silvia Falugiani, Filippo Marranci e Pasqualina Ronconi.

QUOTA 1 – 1654 mslm

QUOTA 2 – 1372 mslm

QUOTA 3 – 1355 mslm

QUOTA 4 – 900 mslm

QUOTA 5 – 720 mslm

QUOTA 6 – 566 mslm

QUOTA 7 – 467 mslm

QUOTA 8 – 356 mslm

Narratori di comunità

Antonella Tarpino

Da “Il paesaggio fragile. L’Italia vista dai margini” di Antonella Tarpino, Passaggi Einaudi, Cles (TN) 2016:

Ripenso alle parole di un grande medievista (Aron Gurevič), quando parlando dell’antica intelligenza del mondo osservava quanto il confine fra l’uomo e il mondo circostante fosse fluido e indefinito. E lo spazio fosse proiezione dell’umano oltre il perimetro di se stesso […]. Parte organica del mondo, l’uomo era difficilmente in grado di osservare dall’esterno lo spazio fisico tutto intorno. Come del resto mostrano le immagini del microcosmo, replica ridotta dell’universo in cui organismo umano e mondo naturale si compenetrano: e dove l’uomo figura spesso come un albero capovolto (“arbor inversa”) che cresce dal cielo in terra. Tanto che proprio di questa relazione indifferenziata degli uomini con la terra è espressione la figura del corpo grottesco rappresentata nelle forme iperboliche dell’arte figurativa e della letteratura medievali: uomini-bestie, alberi con teste umane, monti antropomorfi che raggiungono il loro apogeo, come sappiamo, nelle raffigurazioni fantastiche di Bosch e Brueghel.

Metro del suo paesaggio, l’uomo nelle società premoderne si confrontava con il mondo e lo misurava trovando la misura in se stesso: il braccio, il palmo, il pollice. Solo in rare occasioni […] mi è capitato di percepire segni anche se fuggevoli di quanto questa cesura sensoriale sia stata radicale e irreversibile al di là di inutili nostalgie o di presunte superiorità. Che cosa abbiamo perduto? (O guadagnato, mi interessa il salto in sé…) si era chiesto Paul Zumthor, il critico e filologo, negli anni Novanta. Abbiamo smarrito – si era risposto – proprio la capacità di vivere lo spazio come <<estensione>> della nostra coscienza corporea: è il corpo, infatti, il nostro luogo originario, microcosmo spazio-temporale eletto a modello del mondo e capace insieme di rifletterlo. E anche di misurarlo (anche attraverso il cubito e il passo). È attorno e in relazione al corpo che l’estensione si organizza opponendo Dentro e Fuori, Pieno e Vuoto, Qui e Altrove…

Ma il corpo proietta nello spazio anche l’anima e con essa le misure morali del suo mondo – ricordo ancora da Zumthor – come l’alto e il basso. È proprio a questa calorosa complicità con la Terra (in cui lo spazio è per così dire <<provato>> nel corpo) che abbiamo da tempo rinunciato. Fino a stentare quasi di poter immaginare […] un mondo in cui lo spazio non è concepito come un mezzo neutro ma <<come una forza che regola la vita, l’abbraccia, la determina…>>

Ecco che per questa via il paesaggio diviene un corpo vivente con il quale quello dell’uomo è capace di esprimere amicizia: è oggetto di conoscenza e questa in cambio partecipa alla sua definizione. E della dimensione umana riflette tutta la precarietà, la fragilità intrinseca […].